Un’altra brutta
tegola si abbatte sulla testa di Silvio Berlusconi. La terza sezione
civile della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso della Fininvest contro
la Cir di Carlo De Benedetti per il risarcimento del cosiddetto
“Lodo Mondadori”, deciso dalla Corte d’Appello di Milano. Si mette fine
così alla cosiddetta "battaglia di Segrate" riguardo l’acquisto della
casa editrice Mondadori, che all’inizio degli anni 90 vide soccombere De Benedetti
per via di un verdetto frutto di
corruzione giudiziaria.
Il rimborso
rimane confermato con un ritocco al ribasso, 541,2 milioni di euro anzichè 564,2, con un taglio di circa 23 milioni
di euro.
In particolare,
la Suprema Corte, nel verdetto di 185 pagine appena depositato e
relativo all'udienza svoltasi lo scorso giugno, ha condiviso
quasi totalmente le conclusioni dei giudici del merito, accogliendo solo uno
dei motivi di ricorso presentati dalla Fininvest. Si tratta del 13esimo,
ossia quello inerente il reclamo per l'eccessiva valutazione delle
azioni del gruppo L'Espresso.
“La Corte accoglie il tredicesimo motivo
di ricorso e rigetta i restanti motivi” si legge nel documento. “In conseguenza
dell'accoglimento del tredicesimo motivo, cassa senza rinvio il capo della
sentenza di appello contenente la liquidazione del danno in via equitativa come
stimata nella misura del 15% del danno patrimoniale già liquidato. Conferma nel resto l'impugnata
sentenza”.
La Suprema Corte, inoltre, “condanna
la ricorrente al pagamento della metà delle spese di giudizio di Cassazione sostenute
dalla resistente, che si liquida in complessivi euro 900.200, di cui 200 per
spese, restando tra le parti compensata l'altra metà”.
La decisione della
Corte si pone poi in linea con la richiesta avanzata dal
procuratore generale della Cassazione, Pasquale
Fimiani, che a
giugno aveva dichiarato: "Il percorso seguito dalla Corte di Appello di
Milano sul Lodo Mondadori è logico e regge. E' a mio avviso necessario solo
riquantificare una piccola parte del danno, che potrebbe ridurre il
risarcimento per Cir di circa il 15 per cento rispetto all'importo
liquidato".
Berlusconi- Nella
sentenza, la Cassazione scrive anche che "la valutazione complessiva"
degli "elementi ed argomenti di prova, condotta ai soli fini civilistici,
di ricondurre alla società Fininvest la responsabilità del fatto corruttivo
imputabile anche al dott. Berlusconi" risulta "correttamente
motivata". La Suprema Corte sottolinea però che la vicenda penale del Lodo
Mondadori si è ormai "irrevocabilmente" conclusa per il Cavaliere, dal
momento che è stato prosciolto per prescrizione.
In sostanza, la corruzione da parte della Fininvest del giudice romano
Vittorio Metta, nella vicenda del Lodo Mondadori, ha privato la Cir “non tanto
della chance di una sentenza favorevole, ma, senz'altro, della sentenza
favorevole, nel senso che, con Metta non corrotto, l'impugnazione del Lodo sarebbe
stata respinta”, sottolinea la Cassazione nelle motivazioni, aggiungendo
altresì che questa tesi, già espressa nella sentenza di appello, “risulta
conforme a diritto”.
Previti- Riguardo al ruolo di Cesare Previti, secondo la Cassazione, è corretta la “conclusione in diritto” cui è arrivata la corte d'appello, in base alla quale “l'avvocato Previti doveva ritenersi organicamente inserito nella struttura aziendale della Fininvest se non occasionalmente investito di incarichi legali conseguenti alle incombenze demandategli”. Tra queste rientravano “anche l'attività di corruzione di alcuni magistrati, allo scopo di conseguire illeciti vantaggi” per l’azienda.
Previti- Riguardo al ruolo di Cesare Previti, secondo la Cassazione, è corretta la “conclusione in diritto” cui è arrivata la corte d'appello, in base alla quale “l'avvocato Previti doveva ritenersi organicamente inserito nella struttura aziendale della Fininvest se non occasionalmente investito di incarichi legali conseguenti alle incombenze demandategli”. Tra queste rientravano “anche l'attività di corruzione di alcuni magistrati, allo scopo di conseguire illeciti vantaggi” per l’azienda.
Nel corso dei tre gradi di giudizio, la
sanzione si era man mano alleggerita. In primo grado il giudice Raimondo Mesiano aveva
stabilito un risarcimento di 749,9 milioni, diventati poi 564,2 in appello e
541 in via definitiva.
0 commenti:
Posta un commento