
In
talune specifiche ipotesi è lo stesso legislatore che ha previsto l’obbligo
predetto, fugando quindi qualsiasi dubbio in ordine alla necessità di
attivazione e conclusione con provvedimento espresso ad opera
dell’amministrazione. Dottrina e giurisprudenza hanno tuttavia sottolineato che
esiste l’obbligo di provvedere, oltre che nei casi stabiliti dalla legge, in
fattispecie ulteriori nelle quali ragioni di giustizia ed equità impongono
l’adozione di provvedimenti espressi. Così, il Consiglio di Stato, sez. IV, 14
dicembre 2004 n. 7975 ha
sottolineato che “ indipendentemente
dall’esistenza di specifiche norme che impongono ai pubblici uffici di
pronunciarsi su ogni istanza non palesemente abnorme dei privati, non può
dubitarsi che, in regime di trasparenza e partecipazione, il relativo obbligo
sussiste ogniqualvolta esigenze di giustizia sostanziale impongono l’adozione
di un provvedimento espresso, in ossequio al dovere di correttezza e buona
amministrazione ( art. 97 Cost. ) in rapporto al quale il privato vanta una
legittima e qualificata aspettativa ad un’esplicita pronuncia”.
Nel
tentativo di operare uno sforzo ricostruttivo ulteriore individuando
specificamente singole ipotesi ( non espressamente previste dal legislatore )
per le quali ricorre l’obbligo per la Pubblica Amministrazione
di provvedere, il Consiglio di Stato è intervenuto successivamente con sentenza
del 11 maggio 2007 n. 2318, distinguendo tre situazioni.
La
prima ricorre nelle ipotesi in cui il privato propone un’istanza volta ad ottenere
un provvedimento di contenuto favorevole. Secondo il Supremo Consesso
amministrativo, si ha un obbligo di provvedere quando chi la presenta è
titolare di un interesse legittimo pretensivo. Non è dubitale, infatti, che chi
versa in tale situazione è titolare di una situazione giuridica che lo
legittima, pur in assenza di una specifica norma che gli attribuisca un
autonomo diritto di iniziativa, a presentare un’istanza dalla quale nasce in
capo alla P.A. almeno l’obbligo di pronunciarsi. I giudici di Palazzo Spada
precisano, tuttavia, che in taluni casi, pur sussistendo in astratto l’obbligo
di provvedere, questo può risultare mancante in concreto. Qualora la domanda
sia manifestamente infondata o
esorbitante dall’ambito delle pretese astrattamente riconducibili al rapporto
amministrativo viene meno l’obbligo per la P.A. di provvedere ( in tal senso anche TAR
Campania, sez. II, 1 dicembre 2008 n. 20714 ).
La
seconda situazione viene individuata nella proposizione ad opera del privato di
istanze volte ad ottenere il riesame di provvedimenti amministrativi non
impugnati. In tal caso non sussiste, secondo i giudici, un obbligo di riesame,
in quanto tale obbligo inficerebbe, tra l’altro, le ragioni di certezza delle
situazioni giuridiche e di efficienza gestionale che sono alla base dell’agire
autoritativo della Pubblica Amministrazione e della inoppugnabilità dopo i
termini di decadenza dei provvedimenti amministrativi ( in senso conforme anche
Cons. di Stato sez. VII, 3 marzo 2009 n. 1880 ).
Terza
ed ultima situazione viene individuata nelle ipotesi in cui il privato
sollecita l’esercizio di poteri sfavorevoli nei confronti di terzi. In questo
caso si pone il problema di qualificare l’attività e la posizione del privato
istante. Nelle ipotesi in cui, infatti, lo stesso sia titolare di una
situazione di specifico e rilevante interesse che lo differenzia da quello
generalizzato, l’eventuale inerzia della Pubblica Amministrazione assume una
connotazione negativa dovendo comunque osservare l’obbligo di provvedere. Diversa
la situazione nelle ipotesi in cui non sussista siffatta situazione poiché in
questi casi l’”istanza” del privato si risolve in un semplice esposto, con un
mero valore di denuncia, inidoneo a radicare una posizione di interesse
tutelato sia dall’apertura del procedimento sia dalla conclusione in modo
espresso dello stesso.
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