L’art. 40 della Costituzione qualifica lo sciopero come diritto assoluto della persona e ne prevede l’esercizio nell’ambito delle leggi che lo regolano.
Se è vero che spesso i confini dello sciopero sono stati nel corso del tempo delineati prevalentemente dalla giurisprudenza, taluni ambiti hanno visto il diretto intervento del legislatore. Uno di questi è costituito proprio dall’argomento oggetto della presente trattazione costituito dallo sciopero nei servizi pubblici essenziali.
La disciplina contenuta nella legge 12/06/1990 n. 146 così come modificata con legge 11/04/2000 n. 83, individua anzitutto, all’art. 1 comma 1, il campo di applicazione definendo come servizi pubblici essenziali quelli che, “indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro” “sono volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione e alla libertà di comunicazione“.
La disciplina contenuta nella legge 12/06/1990 n. 146 così come modificata con legge 11/04/2000 n. 83, individua anzitutto, all’art. 1 comma 1, il campo di applicazione definendo come servizi pubblici essenziali quelli che, “indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro” “sono volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione e alla libertà di comunicazione“.
Al secondo comma si esplicita la ratio stessa della legge per cui “Allo scopo di contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, di cui al comma 1, la presente legge dispone le regole da rispettare e le procedure da seguire nel caso di conflitto collettivo, per assicurare l’effettività, nel loro contenuto essenziale, dei diritti medesimi”.
L’impostazione predetta risente della giurisprudenza costituzionale che a partire dagli anni ‘60 intervenne più volte sulla questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti degli artt. 330 e 333 c.p. oggi abrogati ( art. 11 l. 146/90 ). Di fatto, la Consulta limitò la portata delle norme incriminatrici predette in forza di una ricostruzione dei principi dell’ordinamento per cui lo sciopero nei servizi pubblici incontra limiti derivanti dal fatto che il suo esercizio non deve compromettere altri diritti costituzionalmente riconosciuti di rango superiore o paritario.
Il riferimento nell’art. 1 della legge 146/90 ai soli diritti della persona consente, secondo alcuni Autori, di escludere che possano costituire un limite al diritto di sciopero diritti di natura economico-patrimoniale, ancorchè costituzionalmente garantiti.
Nel solco tracciato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, il legislatore del ‘90 ha quindi precisato i diritti della persona che consentono di qualificare come essenziale il servizio volto a garantirne il godimento individuandoli come detto, nel diritto alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all’assistenza e previdenza sociale, all’istruzione e alla libertà di comunicazione.
Nel secondo comma dell’art. 1 vengono quindi raggruppati i servizi essenziali a seconda dei diversi diritti costituzionalmente garantiti. La migliore dottrina e giurisprudenza considerano l’elenco come non tassativo. In tal senso si comprendono quindi gli innumerevoli interventi della Commissione di garanzia indicata dall‘art. 12 della legge 146/90, tali da comprendere, nelle singole aree di attività, servizi non espressamente indicati dalla legge; così, nell’ambito della libertà di circolazione, ai servizi indicati dall’art. 1 comma 2 lett. B) ha aggiunto anche la circolazione automobilistica, con estensione della disciplina anche ai servizi resi da taxi, noleggio autobus, sicurezza e soccorso autostradale e distributori di carburanti.
Nell’incipit dell’art. 2 della legge si introduce il principio fondamentale di prestazione indispensabile prevedendo l’esercizio del diritto di sciopero “ nel rispetto delle misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili per garantire le finalità di cui al comma 2 dell’art. 1 “.
Nell’incipit dell’art. 2 della legge si introduce il principio fondamentale di prestazione indispensabile prevedendo l’esercizio del diritto di sciopero “ nel rispetto delle misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili per garantire le finalità di cui al comma 2 dell’art. 1 “.
Il difficile compito di individuare e organizzare le prestazioni indispensabili è affidato a specifici accordi sindacali con le singole amministrazioni o le imprese erogatrici di servizi. Nell’ambito dei contratti collettivi o degli accordi di cui al D.Lgs. 29/93 e ss. modificazioni, nonché nei regolamenti di servizio, vengono individuate le prestazioni indispensabili da assicurare nell’ambito del servizio, le modalità e le procedure di erogazione e le altre modalità necessarie ad assicurare la tutela dei diritti costituzionalmente tutelati. In quest’ottica è possibile disporre l’astensione dallo sciopero di quote strettamente necessarie di lavoratori tenuti alle prestazioni comandate indicando le modalità per l’individuazione degli interessati ovvero disporre forme di erogazione periodica ed intervalli minimi da osservare tra l’effettuazione di uno sciopero e la proclamazione del successivo per evitare conseguenze negative sugli utenti del servizio stesso. Per completezza occorre ricordare che nei contratti o accordi collettivi in oggetto devono in ogni caso essere previste procedure di raffreddamento e di conciliazione, obbligatorie per entrambe le parti, da esperire prima della proclamazione dello sciopero. E’ prevista la possibilità per le parti di fare ricorso, in alternativa alle procedure predette, al tentativo di conciliazione presso la Prefettura o presso la competente struttura del Ministero del lavoro a seconda della rilevanza locale o nazionale dello sciopero.
La Commissione di garanzia valuta, anche di propria iniziativa, l’idoneità delle prestazioni indispensabili, delle procedure di raffreddamento e conciliazione nonché delle altre misure precedentemente indicate e qualora non le ritenga idonee, sottopone alle parti una proposta in ordine alla quale le stesse devono pronunciarsi. In mancanza, una volta accertata l’indisponibilità delle parti a raggiungere un accordo, la Commissione adotta con delibera la provvisoria regolamentazione delle prestazioni indispensabili da osservarsi fino a quando le parti non giungano ad un accordo.
L’art. 2bis della legge 146/90 estende, sotto il profilo soggettivo, l’ambito di applicazione della normativa anche a lavoratori autonomi - liberi professionisti e piccoli imprenditori; nei casi in cui l’astensione collettiva ai fini di protesta o rivendicazione di categoria incida sulla funzionalità dei servizi pubblici essenziali, deve avvenire nel rispetto di particolari misure idonee a garantire le prestazioni indispensabili. A tal fine la Commissione di garanzia promuove l’adozione, da parte delle associazioni o degli organismi di rappresentanza delle categorie interessate, di codici di autoregolamentazione che realizzino il contemperamento con i diritti della persona costituzionalmente tutelati. Nelle ipotesi in cui tali codici manchino o nell’eventualità in cui non siano considerati idonei, la Commissione, sentite le parti interessate, delibera adotta una regolamentazione provvisoria che assicuri il rispetto delle finalità di cui all’art. 1 comma 2 della legge 146/90. A tal fine, la Commissione deve tener conto delle previsioni degli atti di autoregolamentazione vigenti in settori analoghi o similari, nonché degli accordi sottoscritti nello stesso settore dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Salvo casi particolari, l’art. 13 della legge 146/90 prevede che le prestazioni indispensabili devono essere contenute in misura non eccedente mediamente il 50% delle prestazioni normalmente erogate e riguardare quote strettamente necessarie di personale non superiori mediamente ad 1/3 del personale normalmente utilizzato per la piena erogazione del servizio. Eventuali deroghe dovranno essere adeguatamente motivate da parte della Commissione con specifico riguardo alla necessità di garantire livelli di funzionamento e di sicurezza strettamente occorrenti all’erogazione del servizio.
Nell’eventualità in cui non vi sia il rispetto degli obblighi volti ad assicurare il rispetto delle prestazioni indispensabili, viene prevista l’applicazione di specifiche sanzioni. In particolare, con riferimento ai lavoratori che si astengono dal lavoro in violazione dei commi 1 e 3 dell’art. 2 della legge 146/90 o che, richiesti dell’effettuazione delle prestazioni di cui al comma 2 non prestino attività, sono soggetti a sanzioni disciplinari proporzionate alla gravità dell’infrazione, con esclusione però del licenziamento o di altra sanzione che comporti un mutamento definitivo del rapporto. Si ritiene che l’esclusione di tali sanzioni sia diretta ad evitare conseguenze persecutorie ed ad assicurare continuità al servizio nei casi in cui dovessero essere applicate ad un numero consistente di lavoratori.
Le organizzazioni dei lavoratori che proclamino o aderiscano allo sciopero in violazione delle norme dettate dall’art. 2 si vedono sospesi i permessi sindacali retribuiti ovvero i contributi sindacali comunque trattenuti dalla retribuzione, ovvero entrambi, per la durata dell’astensione stessa e comunque per un ammontare economico complessivo non inferiore a euro 2.500 e non superiore a euro 50.000 tenuto conto della consistenza associativa, della gravità della violazione e dell’eventuale recidiva oltre agli effetti dello sciopero sul servizio pubblico considerato. Le stesse possono essere escluse da eventuali trattative per la durata di due mesi dalla cessazione del comportamento.
I dirigenti responsabili delle amministrazioni pubbliche e i rappresentanti legali delle imprese che non osservano gli obblighi loro prescritti, sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 ad euro 50.000 tenuto conto, anche in questo caso, della gravità della violazione e di un eventuale recidiva dell’incidenza sui conflitti. Alla medesima sanzione sono soggette le associazioni e gli organismi rappresentativi dei lavoratori autonomi, professionisti e piccoli imprenditori in solido con i singoli lavoratori che hanno partecipato all’astensione collettiva.
Ai sensi dell’art. 20bis della legge 146/90, contro le deliberazioni della Commissione di garanzia in materia di sanzioni, è ammesso ricorso al giudice del lavoro.
L’altro aspetto sul quale occorre ora concentrare l’attenzione è quello relativo al termine di preavviso. Sotto il profilo normativo l’art. 2 comma 5 della legge 146/90 prevede un termine minimo di dieci giorni. Nei contratti collettivi, negli accordi di cui al D.Lgs. 29/93, nei regolamenti di servizio e nei codici di autoregolamentazione possono essere determinati termini maggiori.
Le finalità del preavviso vengono rese esplicite dal legislatore stesso stabilendo che esso tende a consentire all’amministrazione o impresa erogatrice di predisporre le misure necessarie per l’erogazione delle prestazioni indispensabili, favorire lo svolgimento di eventuali tentativi di composizione del conflitto e consentire all’utenza di usufruire di servizi alternativi.
Per espressa previsione del comma 7 dell’art. 2 le disposizioni predette non si applicano nei casi di astensione dal lavoro in difesa dell’ordine costituzionale, o di protesta per gravi eventi lesivi dell’incolumità o della sicurezza dei lavoratori.
Il termine di almeno dieci giorni si concilia con il termine di cinque giorni previsto dal sesto comma dell’art. 2 il quale prevede, per le amministrazioni e le imprese erogatrici, l’obbligo di comunicare agli utenti, nelle forme adeguate, almeno cinque giorni prima dell’inizio dello sciopero, i modi e i tempi di erogazione dei servizi nel corso dello sciopero e delle misure per la riattivazione degli stessi.
Si può ragionevolmente sostenere che il legislatore, introducendo l’obbligo predetto, finisce per distinguere la fase della proclamazione dalla fase della attuazione vietando, in sostanza, forme di sciopero “a sorpresa” che finirebbero per gravare fortemente sugli utenti finali del servizio interessato.
La Commissione di garanzia ha opportunamente precisato che le regole relative al preavviso sono regole di carattere generale applicabili “inderogabilmente” ad ogni sciopero nell’ambito di un servizio pubblico essenziale. Pertanto, il rispetto del preavviso è obbligatorio per tutte le forme possibili di sciopero, ivi comprese l’astensione dal lavoro straordinario, le assemblee permanenti dei lavoratori in orario di lavoro e le azioni di lotta poste in essere dai comitati o gruppi spontanei di lavoratori.
La giurisprudenza ha infine sottolineato che l’obbligo di preavviso non si applica indistintamente a tutti i dipendenti dell’azienda erogatrice del servizio, ma solo ed esclusivamente ai lavoratori direttamente preposti all’erogazione del servizio pubblico essenziale, con esclusione di quelli che svolgono mansioni non direttamente connesse alla fornitura del servizio agli utenti.
In questo quadro, l’efficacia soggettiva del preavviso deve essere limitata solo ai soggetti direttamente addetti all’erogazione del servizio pubblico essenziale e “non può essere estesa agli altri lavoratori, che, pur dipendenti dalla medesima struttura erogatrice del servizio, svolgono in realtà attività (di carattere generale, amministrative, di studio, di programmazione a medio o lungo termine ecc.) che sono a essa estranee” ( Trib. di Bologna 26/03/1999).
In ordine alla procedura, i soggetti che proclamano lo sciopero hanno l’obbligo di comunicare per iscritto ( nel rispetto del termine di preavviso in esame ) la durata, le modalità di attuazione e le motivazioni dell’astensione collettiva dal lavoro. La comunicazione viene indirizzata:
a) alle imprese o amministrazioni che erogano il servizio;
b) all’Ufficio costituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ( con riferimento ai conflitti di livello nazionale o interregionale ) ovvero al Prefetto ( per i conflitti di rilievo locale ) i quali provvedono a trasmetterla immediatamente anche alla Commissione di garanzia.
I datori di lavoro sono a loro volta chiamati a:
a) comunicare agli utenti, almeno 5 giorni prima dell’inizio dello sciopero, le modalità e i tempi di erogazione dei servizi durante lo sciopero. Qualora si verifichi la revoca spontanea di uno sciopero già proclamato e comunicato, si profila l’ipotesi di azione sindacale sleale e la stessa viene valutata dalla Commissione di garanzia ai fini sanzionatori, salvo che vi sia stato un accordo tra le parti o vi sia stata una richiesta ad opera della stessa Commissione, della Presidenza del Consiglio dei Ministri o della Prefettura.
b) fornire alla Commissione di garanzia che ne faccia richiesta, le informazioni riguardanti gli scioperi proclamati ed effettuati, le revoche, le sospensioni ed i rinvii, le motivazioni e le cause di insorgenza dei conflitti.
Quando vi è fondato pericolo che lo sciopero possa recare pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona costituzionalmente garantiti, è possibile esercitare il potere di precettazione nei confronti dei lavoratori ai sensi degli artt. 8-10 della legge 146/90. L’ordinanza può essere impugnata tramite ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale competente per territorio, ad opera delle organizzazioni sindacali, imprese e amministrazioni erogatrici nonché singoli lavoratori interessati. Il TAR, ritenendo sussistenti fondati motivi, può disporre la sospensione dell’ordinanza.
Stefano Bartoloni
Stefano Bartoloni
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