Disciplina e caratteristiche del fondo patrimoniale nell'ambito delle convenzioni matrimoniali


Con l’espressione “regime patrimoniale” della famiglia si intende tradizionalmente identificare il complesso di norme che disciplinano i diritti ed obblighi dei coniugi aventi ad oggetto l’acquisto e la gestione dei beni. Il legislatore ha previsto più regimi patrimoniali tipici, ciascuno caratterizzato da una specifica regolamentazione. Si ha anzitutto il regime della comunione legale, ove si ha la cogestione e comunione degli acquisti; la separazione dei beni, nell’ambito della quale la gestione avviene separatamente e la titolarità dei beni spetta in via esclusiva a ciascuno dei coniugi; il fondo patrimoniale caratterizzato dalla cogestione di uno o più beni destinati ai bisogni della famiglia. 
Ciascuno dei regimi precedentemente illustrati può costituire oggetto di libera scelta dei coniugi. Nel caso in cui non vi sia una manifestazione di volontà in tal senso trova applicazione il regime della comunione legale che costituisce il c.d. regime patrimoniale legale. L’atto, invece, mediante il quale viene adottato o modificato un particolare regime patrimoniale prende il nome di convenzione matrimoniale
Esso può qualificarsi anzitutto come accordo, espressione della comune manifestazione di volontà dei coniugi interessati. Opportunamente occorre precisare ( così come si avrà modo di meglio illustrare nel proseguio della trattazione ) che, in sede di costituzione del fondo patrimoniale può realizzarsi un vero e proprio negozio complesso in ragione della partecipazione di un terzo soggetto costituente. 
La convenzione matrimoniale è altresì un negozio solenne, in ragione di quanto prescritto dall’art. 162 comma 1 per il quale le stesse debbono essere stipulate per atto pubblico sotto pena di nullità. 
Essa può essere stipulata sia prima che dopo la celebrazione del matrimonio; qualora sia stipulata prima  s’intende subordinata alla condizione legale della futura celebrazione del matrimonio.
Inoltre, può accadere anche che i coniugi stipulino una convenzione dopo averne già conclusa una precedente. In tali ipotesi le stesse devono essere stipulate necessariamente col consenso di entrambi i coniugi e, nell’ipotesi di fondo patrimoniale, col consenso dell’eventuale terzo costituente o dei suoi eredi.
Ai fini dell’opponibilità ai terzi le convenzioni debbono necessariamente essere annotate a margine dell’atto di matrimonio, con indicazione della data del contratto, il notaio rogante e le generalità dei contraenti.
In quanto rientranti nella categoria degli atti negoziali le convenzioni matrimoniali richiedono l’ordinaria capacità d’agire. Ne consegue che, nell’ipotesi in cui uno dei coniugi sia interdetto, l’atto deve essere stipulato da un tutore. Nell’ipotesi del minore autorizzato a contrarre matrimonio, questi può stipulare direttamente le convenzioni predette. 
Affrontando ora la tematica del fondo patrimoniale, esso si caratterizza, come già anticipato, per la cogestione di determinati beni vincolati ai bisogni della famiglia. 
L’istituto è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla riforma realizzata con legge 19 maggio 1975 n. 151 andando a sostituire il precedente “patrimonio famigliare”. Del patrimonio famigliare si conserva l’idea del vincolo su determinati beni per soddisfare i bisogni della famiglia. Importante differenza tuttavia è data dal fatto che il vecchio istituto prevedeva la possibilità di costituzione unilaterale del vincolo da parte del coniuge proprietario e la possibilità di realizzare la gestione separata dei beni. Il fondo patrimoniale, al contrario, richiede sempre l’accordo dei coniugi per la costituzione del vincolo e la gestione affidata sempre ad entrambi.. 


La costituzione avviene attraverso apposita convenzione matrimoniale così come in precedenza illustrata. Parti della convenzione sono i coniugi ed eventualmente il terzo o i terzi che conferiscono i beni al fondo. 
Ulteriore modalità di costituzione è data tuttavia dalla costituzione mediante testamento. Il testatore può lasciare ai coniugi uno o più beni con il vincolo del fondo patrimoniale. In tal caso si ritiene che l’accettazione dell’eredità comporta l’automatica costituzione del vincolo sopra i beni indicati dal de cuius.
Oggetto del fondo patrimoniale possono essere beni immobili, beni mobili iscritti in pubblici registri e titoli di credito ( art. 167 comma 1 ). Attraverso la costituzione del fondo si realizza il conferimento del diritto di proprietà o altro diritto reale di godimento. In merito ai titoli di credito occorre precisare che gli stessi debbono essere resi nominativi ed il vincolo deve essere annotato sul titolo stesso e sul registro dell’emittente. Nell’ipotesi in cui invece il vincolo abbia ad oggetto beni immobili o beni mobili registrati lo stesso va necessariamente trascritto.
Il fondo può essere incrementato mediante nuovi conferimenti e gli incrementi sono automaticamente assoggettati a vincolo.
Con riferimento alla gestione del fondo patrimoniale, questa spetta ad entrambi i coniugi ed è essenzialmente regolata dalle norme sulla comunione legale. Ne consegue quindi che gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti disgiuntamente mentre gli atti di straordinaria amministrazione richiedono il consenso di entrambi i coniugi. Nelle ipotesi di rifiuto ingiustificato, lontananza ovvero impedimento di uno dei coniugi, il giudice può autorizzare il compimento dell’atto al singolo coniuge. Nelle ipotesi in cui vi siano figli minori gli atti di disposizione dei beni del fondo richiedono l’autorizzazione del tribunale. Questi provvede in camera di consiglio sentito il Pubblico Ministero e concede l’autorizzazione solo nei casi comprovata necessità o utilità.
I frutti del fondo spettano ad entrambi i coniugi e debbono essere destinati al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. 
L’aspetto maggiormente rilevante della disciplina, in considerazione della funzione che viene ad assumere il fondo patrimoniale, riguarda essenzialmente il regime di responsabilità
Con riferimento anzitutto alle obbligazioni personali dei coniugi ovvero per gli atti di straordinaria amministrazione realizzati senza il consenso dell’altro coniuge, i beni del fondo rispondono solo in via sussidiaria. Essi possono quindi essere aggrediti dai creditori solo in quanto non siano risultati sufficienti i beni personali dell’obbligato e comunque solo nei limiti della sua quota. Ai sensi dell’art. 170 c.c. in ogni caso i beni non possono essere aggrediti per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per bisogni estranei alla famiglia. 
Nella prospettiva avuta di mira dal legislatore quindi, i beni del fondo patrimoniale rispondono solo per le obbligazioni assunte nell’interesse della famiglia volte al mantenimento dei coniugi e dei figli.      
Ne consegue, pertanto, che nelle ipotesi in cui le obbligazioni siano assunte per bisogni estranei alle esigenze della famiglia, il fondo patrimoniale non risponde, sia nell’eventualità in cui le obbligazioni vengono contratte da un solo coniuge sia nell’eventualità in cui siano contratte da entrambi. Occorre ricordare, tuttavia, che il limite predetto opera esclusivamente nei confronti di quei creditori che si assumono consapevoli delle ragioni che spingono i coniugi a contrarre l’obbligazione e quindi essenzialmente dell’estraneità delle stesse ai bisogni della famiglia. Nei confronti degli altri creditori, opera il principio di tutela dell’affidamento con possibilità quindi di aggredire i beni del fondo patrimoniale. Nell’eventualità in cui i coniugi si oppongano all’esecuzione avranno l’onere di dimostrare la consapevolezza del terzo circa l’estraneità dell’obbligazione rispetto ai bisogni della famiglia. 
La tutela del fondo patrimoniale con conseguente limite alle azioni esecutive opera anche nelle ipotesi di fallimento di uno dei coniugi. La dottrina prevalente ritiene che anche in questa ipotesi, mutandis mutatis, operi il limite esclusivamente nei confronti di quei creditori consapevoli dell’estraneità dell’obbligazione ai bisogni della famiglia. Gli altri possono aggredire i beni del fondo limitatamente alla quota del coniuge fallito. 
Passando ora all’aspetto relativo alla cessazione del vincolo, occorre anzitutto evidenziare il fatto di come lo stesso si estingua, ai sensi dell’art. 171 c.c., con lo scioglimento del vincolo matrimoniale. Cause di cessazione sono quindi l’annullamento, lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio. La sola separazione personale dei coniugi non consente ex se di determinare lo scioglimento del vincolo. 
Solo nell’eventualità in cui vi siano figli minori il vincolo permane e si protrae fino a quando l’ultimo dei figli raggiunge la maggiore età. La disposizione trova la propria ragione giustificatrice nella necessità di assicurare supporto e soddisfacimento delle esigenze della famiglia anche nell’eventualità in cui il vincolo matrimoniale viene meno, nella prospettiva di salvaguardia, cura e tutela dei figli minori.
La dottrina e parte della giurisprudenza concordano nel ritenere che la permanenza del vincolo dopo l’estinzione del matrimonio può giustificare l’adozione di taluni provvedimenti giurisdizionali nell’interesse esclusivo dei minori. Può accadere quindi che vi siano provvedimenti in ragione dei quali viene disposta l’amministrazione totale o parziale dei beni oggetto del fondo patrimoniale al genitore affidatario così come possono essere disposte misure cautelari volte ad assicurare la buona amministrazione dei beni e l’impiego dei frutti tratti dagli stessi. 
Il legislatore prevede espressamente all’art. 171 c.c che il giudice possa attribuire ai figli ( considerate le condizioni economiche dei genitori, dei figli stessi e ogni altra circostanza ) una quota dei beni del fondo in godimento ovvero in proprietà. Si ritiene, tuttavia, che il provvedimento in oggetto trovi giustificazione esclusivamente in presenza di un pericolo concreto circa la possibilità che i beni vengano dissipati o distolti dalla loro destinazione. L’emanazione viene affidata al Tribunale per i minori chiamato a decidere in camera di consiglio sentito il Pubblico Ministero. Avverso lo stesso è possibile proporre reclamo innanzi alla Corte d’Appello. 
Nel richiamare ancora l’art. 171 c.c. si  sottolinea il fatto di come, all’ultimo comma dello stesso, il legislatore si occupa anche dell’ipotesi in cui non vi siano al momento della cessazione del fondo patrimoniale figli minori; in tal caso si seguono le disposizioni sullo scioglimento della comunione legale.   

Stefano Bartoloni

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