Euforia ma anche molta cautela nella comunità scientifica
per il caso della piccola bambina di due anni e mezzo del Mississippi, nata con
il virus dell'Hiv,
che può portare all'Aids (la sindrome da immunodeficienza acquisita), ma guarita dopo un trattamento farmacologico. Ne hanno
parlato alla 20esima Conferenza sui Retrovirus e
le infezioni opportunistiche (Croi) di Atlantan un team di ricercatori della
Johns Hopkins, dell'Università del Mississippi e dell'University of
Massachusetts . Si conta
solo un precedente, ma è senza dubbio una novità interessante e una prova che l’Aids è una malattia in fase
di sconfitta totale.
Appena
nata, la bimba è stata presa subito in cura dai medici dell’ospedale
della capitale dello stato e controllata dalla Johns Hopkins University di
Baltimora che da tanti anni segue studi specifici sul virus Hiv ed è
stata sottoposta alla terapia antiretrovirale,
entro 30 ore dalla nascita.
Si
tratta del trattamento che normalmente si riserva a chi è già malato da tempo.
La bambina è stata sottoposta a queste cure per più di un anno. Più
precisamente, la piccola è rimasta sotto
antivirali fino a 18 mesi, poi ha interrotto il trattamento. Dieci mesi dopo, ha
subito ripetuti esami del sangue, senza che questi rilevassero la presenza di
Hiv. Anche i test anticorpo-specifici hanno dato lo stesso risultato. I
test sono stati svolti più volte, anche in laboratori differenti, proprio per
fugare ogni dubbio. “L’osservazione durata
23 mesi ha mostrato un carico virale indefinibile, con meno di 20 copie per
millilitro. Le analisi sono state ripetute, nell’ipotesi di un errore del laboratorio.
Ma la ripetizione della prova, due settimane dopo, ha di nuovo dato lo stesso
dato di 20 copie per millilitro”.
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