Evoluzione storica e disciplina attuale del concordato preventivo



L’istituto del concordato preventivo è considerato tradizionalmente uno strumento finalizzato a superare la crisi dell’azienda tutelando gli interessi dei creditori e consentendo il ritorno dell’impresa sul mercato. Caratterizzato originariamente da un aspetto spiccatamente premiale ove risultava possibile l’applicazione, sulla base di stringenti requisiti di natura personale, all’imprenditore onesto ma sfortunato, dopo la riforma del diritto societario del 2005 si pone esclusivamente nell’ottica di superamento della crisi.Muovendo l’analisi dal profilo normativo, il concordato preventivo trova compiuta regolamentazione negli artt. 160 e ss. del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 ( c.d. Legge Fallimentare ). 
Presupposti:la disciplina individua, anzitutto, i presupposti soggettivi ed oggettivi necessari ai fini dell’ammissione al concordato. In particolare, sotto il primo aspetto, deve trattarsi di un soggetto qualificabile come “imprenditore” in ragione di quelli che sono i criteri previsti, in tema di fallimento, dall’art. 1 L.F.  Si assegna quindi in via esclusiva al debitore la legittimazione a formulare la proposta di concordato, con esclusione di qualsiasi  iniziativa  ad opera dei creditori.  Sotto  il  profilo oggettivo l’attuale formulazione dell’art. 160 L.F. prevede, al primo comma, lo “stato di crisi” ( prima della riforma del 2005, risultava invece indispensabile lo stato di insolvenza). Questa ha dato luogo inizialmente a dubbi interpretativi tanto che il legislatore ha ritenuto opportuno intervenire con disposizione di interpretazione autentica ( D.L. 273/2005 conv. nella L. 51/2006 ) inserendo un ultimo comma nel quale si precisa che “ per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza. Ne consegue, così come sottolineato anche da giurisprudenza più recente, che la richiesta di concordato preventivo è possibile sia nell’ipotesi in cui l’imprenditore versi già in stato di insolvenza, sia in situazioni che sono solo “potenzialmente” idonee a generare lo stato di insolvenza, qualificabili, per riprendere l’espressione di alcuni Autori, come “ fenomeno di malessere  economico”. 
Ruolo centrale dell’intera procedura di concordato preventivo è dato dal piano il quale deve prevedere, sulla scorta  delle  indicazioni date  dal secondo comma dell’art. 160 L.F.,  la  ristrutturazione  dei   debiti   ed   il   soddisfacimento  dei creditori “ in qualsiasi forma”. Esso inoltre può prevedere l’attribuzione delle attività dell’impresa ad un assuntore, la suddivisione dei creditori in classi ed il trattamento differenziato tra creditori appartenenti a classi diverse. Aspetto peculiare, tra i vari, che occorre sottolineare, riguarda la profonda differenza che l’attuale disciplina del concordato presenta rispetto a quella originaria sul fronte del soddisfacimento dei creditori assistiti da  una  causa  legittima di prelazione. In precedenza occorreva l’obbligo di soddisfacimento dei creditori privilegiati in misura integrale ( e dei crediti chirografari per almeno il 40% ). Attualmente, il secondo comma dell’art. 160 L.F. consente il soddisfacimento anche parziale purchè ricorrano due condizioni indispensabili: a) la misura della soddisfazione non sia inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione; b) il rispetto dell’ordine delle cause legittime di prelazione. Quest’ultimo requisito si assicura, secondo parte della Dottrina, tramite il principio che nel formare le classi di privilegiati si debbano garantire  a quelli di grado poziore trattamenti non deteriori rispetto a quelli riservati ai privilegiati di grado inferiore. 
Venendo all’iter procedurale, la domanda di concordato preventivo è proposta con ricorso al Tribunale del luogo ove l’impresa ha la propria sede principale ( art. 161 c. 1 L.F. ). Al ricorso occorre allegare una relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa, uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori con indicazione delle cause di prelazione. Va prodotto altresì un elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore ed il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili. Il piano e la documentazione precedentemente indicata devono essere accompagnate dalla relazione di un professionista attraverso la quale si attribuisce una prima garanzia di serietà alla proposta concordataria. Essa assolve inoltre alla funzione fondamentale di assicurare che i creditori siano adeguatamente e correttamente informati sugli esatti termini della proposta medesima. Successivamente opera un filtro di ammissibilità del Tribunale in quale, in assenza dei presupposti di cui all’art. 160, commi 1° e 2° e 161, dichiara inammissibile la proposta con decreto non soggetto a reclamo. E’ possibile, in tali casi, che su richiesta dei creditori o del P.M., rilevata la presenza dei requisiti di cui agli artt. 1 e 5, sia dichiarato il fallimento. Nei casi in cui, al contrario, il Tribunale riscontri sussistere i requisiti di ammissibilità statuisce, sempre con decreto non soggetto a reclamo, l’apertura del procedimento disponendo: a) la nomina di un giudice delegato; b) la convocazione dei creditori non oltre 30 giorni; c) la nomina del commissario giudiziale. In particolare, la figura del commissario giudiziale assume rilievo e preponderanza fondamentale nell’ambito della procedura di concordato preventivo. Ad esso spetta il compito di procedere alla verifica dell’elenco dei creditori e debitori, operare la convocazione ai fini dell’adunanza dei creditori, redigere l’inventario e predisporre, soprattutto, una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, la condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori. 
L’art. 174 L.F. disciplina, quindi, l’adunanza dei creditori, momento centrale dell’intera procedura, ove avviene la discussione del concordato in contraddittorio con il debitore e si procede alla manifestazione di voto ad opera dei creditori. Il concordato è approvato con il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. I creditori assistiti da privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano in tutto o in parte al diritto di prelazione. Delle operazioni predette viene data compiuta descrizione nel processo verbale, sottoscritto dal giudice delegato, dal commissario e dal cancelliere. A conclusione della procedura, se non sono presentate opposizioni, il tribunale omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame.

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